Questo il titolo scelto dalla Cineteca di Bologna e dalla Galleria de’Foscherari per riprendere, in occasione di Arte Fiera , il discorso iniziato da tempo sulle neoavanguardie cinematografiche e la videoarte degli anni settanta e ottanta. Su questo tema sono state esplorate le cinematografie sperimentali e l’arte elettronica dell’Europa occidentale (il muro di Berlino che divideva in due l’Europa è caduto nel 1989) e gli Stati uniti. Nulla è stato detto finora di quanto avveniva nello stesso periodo, cioè fra gli anni cinquanta e i novanta, nell’Unione sovietica e nell’Europa dell’est, nelle cosiddette democrazie popolari. Proprio le cinematografie di questi paesi saranno le protagoniste della nuova rassegna, la quale , analogamente alle precedenti, tenta di collegare il cinema d’avanguardia con la videoarte, ipotizzando che quest’ultima sia il tentativo di andare al di là del cinema usando un nuovo linguaggio, il linguaggio elettronico, appunto.
Questa nuova impresa, gli organizzatori non se lo nascondono, non è priva di rischi perché le differenze con quanto abbiamo mostrato finora sono almeno pari alle analogie. In primo luogo nell’Unione sovietica, patria privilegiata delle avanguardie storiche, come si può vedere dalle preziose rassegne ad esse dedicate attualmente in corso al Lumière, non esiste una neoavanguardia paragonabile alla Nouvelle vague o all’Underground americano, ma soltanto il risvolto cinematografico di quella che va sotto il nome di cultura del dissenso. Si intende, ovviamente, dissenso dalla cultura di regime, cioè, per quanto riguarda l’ arte e la letteratura, da quel realismo socialista imposto dallo stalinismo e protrattosi fino al crollo del blocco sovietico.
La rassegna inizia proprio con il dissenso sovietico presentando, al cinema Lumière, lunedì 5 febbraio alle ore 20, Il rullo compressore e il violino (1960), di Andrej Tarkovskij, e Il colore del melograno (1969), di Sergej Paradzanov, cioè significative opere di due dei maggiori protagonisti del dissenso in ambito cinematografico. Va detto subito, anche se con qualche approssimazione, che i dissidenti contestano il linguaggio cinematografico imposto dal regime e, quindi, possono considerarsi d’avanguardia in quanto il cinema di regime tendeva a essere tutto il cinema possibile, ma non nello stesso senso dell’avanguardia occidentale che metteva in discussione il cinema in quanto tale.
Diverso è il Nuovo cinema dell’Europa orientale, in particolare della Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria, le cui cinematografie sono state scelte come le più rappresentative. In queste democrazie popolari, infatti, i registi più coraggiosi si impegnano a produrre opere che nella critica al realismo socialista si avvicinano per molti versi alla neoavanguardia internazionale, fino al caso dell’ungherese Miklós Jancsó, che può considerarsi a tutti gli effetti un esponente della neoavanguardia cinematografica mondiale. Queste tre cinematografie verranno rappresentate alla galleria de’ Foscherari, a partire da mercoledì 14 febbraio, alle ore 18, con il primo lungometraggio di Roman Polanski, Il coltello nell’acqua, girato nel 1960, poco prima che l’autore lasciasse definitivamente la Polonia per entrare da protagonista nella storia del cinema. A questo geniale film seguirà, mercoledì 21, Gli amori di una bionda, realizzato nel 1965 da Milos Forman, il principale rappresentante della Nuova ondata cecoslovacca, il quale pure lascerà, di lì a poco, il proprio paese per divenire un autore di fama internazionale a Hollywood. Concluderà la parte cinematografica (mercoledì 28) L’armata a cavallo, secondo lungometraggio di M. Jancsó, un autore che non abbandonerà il proprio paese, anche se si concederà lunghi soggiorni in Italia, dove girerà alcune opere divenute famose.
Infine, l’elemento di maggior novità della rassegna: si terranno, sempre alla de’ Foscherari, due programmi di videoarte russa (il 7 e il 14 marzo) comprendenti più di quaranta opere prodotte fra gli anni novanta e il 2001, quasi tutte inedite in Italia (alcune sono state viste l’anno scorso in una rassegna tenuta a Pesaro). Qui dobbiamo sottolineare, a proposito delle differenze rispetto alle rassegne precedenti, che la videoarte presentata finora era tutta compresa fra il 1970 e il 1990, mentre quella russa inizia, per una serie di ragioni che analizzeremo in seguito, solo dopo la scomparsa di quella che si chiamava la cortina di ferro. Nonostante questa sfasatura di vent’anni, si è considerato ugualmente appropriato presentare l’arte elettronica come un prolungamento del cinema del dissenso. Si tratta certamente di un azzardo perché la fondatezza di questa tesi la verificheremo con il pubblico durante la rassegna, ma in materia di avanguardie l’azzardo è la regola.
L’excursus sull’Unione sovietica e le democrazie popolari proseguirà, sempre alla de’ Foscherari e sempre alle ore 18, secondo il seguente calendario.
Mercoledi 14 febbraio ore 18.00
Il coltello nell’acqua, il primo lungometraggio girato da Roman Polanski, l’unico da lui realizzato in Polonia nel 1960.Il coltello nell’acqua, il primo lungometraggio girato da Roman Polanski, l’unico da lui realizzato in Polonia nel 1960.
Mercoledi 21 febbraio ore 18.00
li amori di una bionda, 1965, di Milos Forman, il principale rappresentante della Nuova ondata del cinema cecoslovacco.
Mercoledi’ 28 febbraio ore 18.00
L’armata a cavallo, 1969, secondo lungometraggio di M iklós Jancsó, un autore ungherese che possiamo considerare un esponente dell’avanguardia cinematografica internazionale.
Mercoledì 7 marzo ore 18.00 - Prima parte della selezione di videoarte russa.
Mercoledì 14 marzo ore 18.00 - Seconda parte della selezione di videoarte russa.