Opening Martedi 30 Aprile 2019 ore 18.00
dal 1 Maggio al 23 Giugno 2019
A cura di Pier Paolo Pancotto
Un progetto speciale
Un vero e proprio flusso di coscienza alimenta da oltre tre decenni l’azione creativa di Eva Marisaldi (Bologna, 1966) da quando cioè, allo scadere degli anni Ottanta del 900, completati gli studi all’Accademia di Belle Arti di Bologna, ha compiuto il suo esordio sulla scena espositiva internazionale. Da subito è apparsa chiara la sua attitudine all’osservazione del mondo e all’ascolto di ogni aspetto, ogni frammento, ogni dettaglio della realtà e la sua capacità di tradurre tale facoltà in composizioni visive libere dagli schemi precostituiti e difficili da catalogare secondo le norme tradizionali. Esse, infatti, sono il risultato di una tecnica operativa che si esplicita nella libera rappresentazione dei pensieri cì come compaiono nella mente dell’autrice e, senza essere organizzati in soluzioni convenzionali, simili a dei monologhi interiori, si animano di vita propria fino allo sviluppo finale. Lo spettatore è introdotto a seguirne il ritmo e a prenderne parte secondo i propri mezzi, assumendo nei loro confronti un ruolo attivo e partecipativo tipico delle dinamiche relazionali. Partendo dal presupposto che essere artista non significa asserire concetti ma riflettere e analizzare ciò che ci circonda, Eva Marisaldi rivolge la propria attenzione soprattutto alla sfera privata dell’individuo ed alla sua quotidianità, alla realtà sociale e all’ambiente che gli è attorno dando luogo a delle micro-narrazioni ove le analogie e i contrasti hanno la meglio sulla linearità del racconto e gli slittamenti logici e le contrapposizioni intellettuali sul suo impianto logico. Si fa così rapido il passaggio dalla cronaca alla fantasia e continuo è l’approdo a mondi paralleli sempre segnato, tuttavia, da una forte impronta personale originata dalla contemplazione che l’artista conduce sull’esistenza. In tal senso il suo lavoro, pur trattando temi universali, è profondamente autobiografico perché nasce dai cognitivi legati alla propria esperienza ed ai tanti aspetti che la alimentano giorno per giorno: un incontro, un viaggio, la lettura di un libro, la visione di un film, l’ascolto di un brano musicale, l’osservazione di un fenomeno naturale, l’analisi di un fatto accaduto…. Con sorprendente disinvoltura, Marisaldi sintetizza questa realtà complessa, facendo apparire semplice ciò che per propria natura è articolato e riassumendo i risultati della propria indagine in scarni elementi visivi, sonori, letterari, tanto densi sul piano semantico quanto dotati di raffinata modestia su quello espressivo.Il tema o il soggetto in esame non viene mai interpretato dall’artista in soluzione “letterale” ma, piuttosto, seguendo un percorso imprevedibile, mobili, fluide, aperte, indefinite di cui è certo solo il presupposto di partenza e non l’esito finale. Anche nell’eventualità in cui tali riflessioni traggano origine da fonti storiche o da altri soggetti dai profili ben definiti sotto l’aspetto cronologico e culturale Marisaldi mantiene fede allo stesso atteggiamento. In tal caso i suoi lavori (adottando un’espressione ricorrente in ambito cinematografico, da lei piuttosto apprezzato), appaiono “liberamente tratti” dalle ragioni del proprio interesse, reinterpretandole spontaneamente e fuori dagli schemi. In sintesi, sono delle pure invenzioni, cla mostra a Londra ben testimonia.
In occasione della sua prima personale presso una pubblica istituzione in Gran Bretagna, l’artista ha concepito una serie di lavori (alcuni dei quali realizzati in collaborazione con Enrico Serotti)ispirati al Futurismo, ponendosi in dialogo con le eccezionali testimonianze di questo movimento presenti alla Estorick Collection. I lavori, seguendo una consuetudine tipica dell’autrice, si esplicitano secondo un’articolata varietà di sistemi linguistici in grado di introdurre lo spettatore in una esperienza multisensoriale. Essi riflettono su alcuni aspetti dell’avanguardia in questione, in particolare le sperimentazioni condotte da Fortunato Depero e Ivo Pannaggi.
Traendo spunto dal primo, autore di un bozzetto per Guanti plastici umoristi(1916),ha realizzato Three lines on Depero # 1-3 (2019), tre guanti che, ricoperti da sonagli, campanellini o shakers ed azionati da un dispositivo hardware - software posto alla loro base, risuonano nello spazio. I movimenti che compiono e le conseguenze acustiche che ne derivano costituiscono una personale interpretazione di Marisaldi degli appunti tracciati da Depero (sulla carta si legge: “guanti plastici – umoristi / ragguanto / dita astratte / consistenti / mobili / tela / guantolungo / ragguanto”) e, a loro modo, fanno eco agli studi musicali al centro della ricerca di molti interpreti del Futurismo, come testimoniano tra l’altro, le opere di Balla (La mano del violinista, 1912) e di Russolo (Musica, 1911) in collezione.
Il progetto di una “Sala per Radioaudizioni” per Casa Zampini a Esanatoglia (1925-26) di Pannaggi, , è all’origine di Radia(2019) una sorta di maquette suddivisa in quattro piccole stanze per l'ascolto della radio ciascuna delle quali è provvista di una seduta, luci e sonoro attraverso cui si diffonde un recitato dell’autrice incentrato sui temi dell’espressione verbale e del linguaggio. Il volume del camino, all’interno del quale è collocata la composizione, prende le vesti di un palcoscenico immaginario le cui pareti, chiuse ai lati ed aperte solo frontalmente, funzionano da cassa acustica, in grado di amplificare i versi pronunciati dalla voce recitante. Come nel caso di Three lines on Depero # 1-3il suono si diffonde tra gli ambienti della Estorick coinvolgendoli virtualmente in un’unica, grande installazione inafferrabile sotto l’aspetto visivo ma altamente percepibile sotto quello sonoro.
Le cronache di guerra di John Steinbeck pubblicate nel 1943 sul “New York Herald Tribune”, che descrivono l'arrivo dei soldati americani a Ventotene e il loro incontro con i confinati politici e, più in generale, il contesto storico e sociale che ha fatto da sfondo alle ultime fasi del Futurismo sono invece alla base di Senza titolo(2019). Esso consiste in un pigiama rosa composto di vari pezzi di stoffa dello stesso colore (rosa era, infatti, il pigiama indossato da uno dei detenuti che i militari trovano al loro arrivo, “un vecchio alto e coi capelli grigi.(…) Per qualche strano motivo”, annota Steinbeck “non sembrava ridicolo con quel pigiama rosa. Aveva una grande dignità, sufficiente a compensare la sua tenuta”) che si estendono nello spazio. Una porzione di tessuto è ricoperta da un ricamo raffigurante Landscape (The Chimney of the Arsenal on the Outskirts of Bologna) (1921), un’acquaforte di Giorgio Morandi appartenente alla Estorick Collection i cui toni sobri ed essenziali sembrano evocare, a loro modo, il doloroso paesaggio descritto da Steinbeck. Ancora una volta l’azione di Eva Marisaldi mira a restituire autonomamente e fuori dagli schemi una condizione sensitiva, un’impressione emotiva originata da una suggestione che l’artista ha percepito e metabolizzato, piuttosto che rispondere didascalicamente ad essa. Ed è così che riesce a coglierne l’essenza più profonda, viva, attuale piuttosto che il significato convenzionale che le viene abitualmente associato. In tal senso, il progetto concepito per la Estorick collection, assume un valore del tutto speciale poiché costituisce una prova concreta delle modalità tecniche ed intellettuali attraverso cui, dalle origini ad oggi, si sviluppa la poetica dell’autrice. Non poteva esservi circostanza migliore di questa -il confronto con una collezione storica ospitata da una pubblica istituzione- per farlo e confermarne la consolidata coerenza.
Pier Paolo Pancotto